Avvicendamento amministratore.

L’amministratore è tenuto – dovendosi assimilare il suo incarico a quello del mandato con rappresentanza – a restituire tutto quanto ricevuto nel corso della sua attività e presente in cassa, a prescindere dalla gestione cui quelle somme si riferiscano. Lo afferma la Corte di appello di Roma con sentenza 327 del 18 gennaio 2021.

I fatti
È un condominio a citare l’ex amministratore accusandolo di cattiva gestione e scarsa diligenza: nei quattro anni di mandato aveva convocato soltanto un’assemblea, non aveva reso conto della sua gestione né perseguito i morosi, aveva tenuto la comunità all’oscuro di diverse problematiche (pensionamento del portiere, debiti con i fornitori, cause pendenti) per poi rifiutare il passaggio delle consegne al successore, avvenuto solo a seguito di esecuzione forzata. Di qui, accertato l’inadempimento, la richiesta di condannarlo a restituire i denari ricevuti durante il mandato, rendicontare l’operato e risarcire i danni.

L’uomo si difende sostenendo di aver assolto correttamente gli impegni ma il Tribunale accoglie parzialmente la domanda del condominio che prontamente formula appello. A suo avviso, il giudice non aveva ben valutato la documentazione che invece provava la cattiva gestione e, comunque, il ritardo nel passaggio delle consegne non era ininfluente come ritenuto in primo grado. La Corte concorda. Dai carteggi risultavano palesemente le contestate omissioni. Pertanto, la revoca era giustificata giacché prevista – dall’ultimo comma dell’articolo 1131 del Codice civile – qualora per due anni non si renda il conto di gestione o vi siano sospetti di grave irregolarità.

L’obbligo di rendiconto e la revoca se non si provvede
Sono, infatti, gli articoli 1130, 1130 bis, 1135 n. 3 e 1137 del Codice civile a disciplinare l’obbligo di predisporre e di presentare il rendiconto condominiale annuale all’assemblea che sarà competente alla sua verifica ed approvazione. Del resto, le regole sono chiare: l’amministratore è tenuto a dare il conto della gestione alla fine di ogni anno; l’assemblea è legittimata a verificarlo ed approvarlo; i condòmini assenti o dissenzienti possono impugnare la relativa delibera rivolgendosi all’autorità giudiziaria
entro trenta giorni. E trattandosi di un incarico simile al mandato con rappresentanza, alla scadenza il gestore deve restituire ciò che abbia ricevuto per conto dell’ente ossia tutto ciò che abbia in cassa, indipendentemente dalla gestione annuale cui le somme si riferiscano (Cassazione 20137/2017).
Per dimostrare la corretta gestione, allora, si dovranno esaminare non solo gli importi incassati, l’entità e la causale degli esborsi, ma anche tutti gli elementi di fatto funzionali all’individuazione delle modalità di esecuzione dell’incarico per stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione.
Ebbene, nella vicenda, i documenti – peraltro esibiti solo coattivamente – non contenevano le movimentazioni in entrata degli incassi dei condòmini ed in uscita delle spese, per alcune ricevute di gestione del riscaldamento incassate in contanti non c’era neanche prova dell’accreditamento sui conti condominiali persino irregolari.

Conslusioni
Al contrario, era stato accertato l’incasso da parte dell’amministratore a revoca già avvenuta di una somma inerente l’esecuzione immobiliare nei confronti di una condomina, da lui trattenuta a conto di anticipazioni effettuate al condominio. Denari da restituire alla collettività. Per tali ragioni, la Corte di appello di Roma accoglie l’impugnazione e condanna l’amministratore a pagare non soltanto
quanto statuito dal Tribunale ma altresì quella somma indebitamente trattenuta.

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Fonti Anaci

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