Le infiltrazioni scatenano la lite
Un condòmino subisce dei danni da infiltrazioni di acque luride provenienti dall’appartamento soprastante; dopo aver avviato una procedura di accertamento tecnico preventivo, chiede al Tribunale di voler condannare il vicino al risarcimento dei danni.
Il proprietario dell’appartamento sovrastante si costituisce in giudizio sostenendo di aver anche lui subito dei danni a causa delle medesime infiltrazioni di cui, peraltro, non aveva alcuna responsabilità. Il danno era stato causato da un frammento di laterizio che aveva ostruito la condotta condominiale. Di conseguenza, il danno era da addebitare al condominio (proprietario della condotta comune) ovvero al proprietario di altro appartamento. Quest’ultimo aveva recentemente eseguito dei lavori che, probabilmente, avevano danneggiato lo scarico condominiale. In ultima analisi, il danno (e le relative responsabilità) erano da addebitare al condominio, o al proprietario dell’appartamento che aveva eseguito i lavori, o ancora alla ditta esecutrice degli stessi. Tutti i possibili corresponsabili venivano chiamati in causa per rispondere dei danni arrecati.
I giudici di merito sono concordi
Tribunale e Corte d’appello concordano: l’attore (ovvero chi, trovandosi al piano più basso, aveva dato avvio al giudizio) aveva preso un abbaglio. La relazione del CTU dimostrava chiaramente che il danno causato alle proprietà individuali dei singoli condomini era da addebitare alla presenza di un frammento di laterizio nella conduttura condominiale che aveva ostruito il passaggio dell’acqua. Il proprietario dell’appartamento sovrastante, anch’esso danneggiato dall’accaduto, non poteva essere ritenuto responsabile se lo scarico condominiale non aveva tenuto. La Corte d’appello rincara la dose: l’attore originario aveva “dimenticato” di agire nei confronti del Condomìnio che era stato tardivamente chiamato in causa. La relazione del CTU chiariva che il danno era stato causato dall’ostruzione della condotta condominiale ma non chiariva chi, materialmente, avesse procurato l’ostruzione.
Il condomino soccombente non si arrende
Il condomino non si arrende e ricorre in Cassazione chiamando in causa tutti i controinteressati: Condomìnio, i proprietari degli appartamenti sovrastanti e la ditta esecutrice dei lavori. La sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 1° giugno 2021 n. 15232 ribalta l’esito del giudizio . La Cassazione affronta il caso sul piano del diritto (e non poteva essere diversamente). La Corte d’appello aveva escluso che il condòmino potesse chiedere il risarcimento del danno al Condomìnio in quanto aveva provveduto tardivamente alla chiamata in garanzia. La Cassazione cambia rotta e sottolinea che non si è trattato di una chiamata in garanzia, bensì di una
chiamata in causa.
Chiamata in causa o chiamata in garanzia?
Cerchiamo di capire cosa è successo traducendo dal “legalese” in “italiano corrente”. Secondo un principio basilare del nostro ordinamento, la decisione del giudice fa stato (ovvero ha effetto) solo tra le parti e loro aventi causa. Parti del giudizio sono, notoriamente, l’attore (ovvero colui che ha iniziato la causa) ed il convenuto (ovvero chi è stato chiamato in giudizio). Questa regola-base incontra delle due eccezioni: la chiamata in causa del terzo e la chiamata in garanzia.
La chiamata in causa del terzo (art. 269 cod. proc. civ.) ricorre nel caso in cui un terzo rispetto alle parti originarie (ovvero rispetto all’attore ed al convenuto) venga chiamato in causa perché coinvolto nella lite. Il chiamato in causa diventa parte a tutti gli effetti del giudizio.
Esempio: il condòmino cita in giudizio il proprietario dell’appartamento sovrastante che, a sua volta, chiama in causa il Condomìno ritenendolo responsabile del danno. In questa ipotesi il Condomìnio diventa parte a tutti gli effetti del giudizio e può parteciparvi facendo valere le proprie eventuali ragioni.
La chiamata in garanzia (art. 32 cod. proc. civ.), invece, si verifica quando una delle parti provveda a chiamare in causa un terzo con lo scopo di riversare su quest’ultimo gli effetti negativi di una eventuale condanna in giudizio. Esempio: il condòmino agisce contro il vicino ritenendolo responsabile del danno e quest’ultimo chiama in causa la propria assicurazione perché, nel caso in cui venga ritenuto responsabile, provveda al risarcimento del danno.
Il ricorso è fondato
La Cassazione ricostruisce la vicenda. Il primo condòmino, avendo subito un danno, ha citato in giudizio il proprietario dell’appartamento sovrastante. Quest’ultimo si è difeso negando ogni propria responsabilità e chiamando in giudizio il Condomìnio e altro condòmino addebitando a loro l’integrale responsabilità dell’accaduto. Quindi, secondo i giudici romani, non si è trattato di una chiamata in garanzia, bensì di una chiamata in causa del terzo ritenuto responsabile del danno. In questo caso, non è necessario che l’attore formuli espressamente una richiesta risarcitoria nei confronti del Condominio in quanto gli effetti della citazione iniziale si “espandono” automaticamente contro il chiamato (ovvero contro il Condomìnio) che può essere condannato al risarcimento del danno.
Irrilevante individuare il colpevole
La Cassazione fissa un altro punto essenziale della vicenda: non è necessario provare con esattezza chi ha ostruito la condotta condominiale. Nel caso in esame la consulenza tecnica aveva accertato che il danno era stato causato da un frammento di laterizio che aveva ostruito la condotta condominiale facendo da tappo. Peraltro non era stato possibile stabilire la provenienza del “tappo” e la responsabilità di questo o quel condòmino. In questo caso, secondo la Cassazione, chi paga il conto è il Condomìnio, in quanto custode del bene comune. Quest’ultimo avrebbe potuto evitare le proprie responsabilità solo in due modi: dimostrando che un condòmino aveva ostruito la conduttura, ovvero che il danno era stato determinato da un caso fortuito.
Sulla base di questi elementi, la Cassazione ritiene che il danno debba essere risarcito dal Condomìnio e rinvia la causa alla Corte d’appello. Come dire…. un giudizio infinito.
Come evitare la lite
Ricorrere ad un giudizio lungo, estenuante e costoso non fa piacere a nessuno. Non conosciamo gli aspetti economici della vicenda, ma è presumibile che le spese legali, alla resa dei conti, siano maggiori dei danni subiti. A ciò occorre aggiungere il tempo dedicato alla lite e, soprattutto, gli attriti tra vicini di casa ed amministratore di condominio che si rimpallano la responsabilità dell’accaduto.
A questo punto, ci si chiede, sarebbe stato possibile evitare la lite? Certamente sarebbe stato possibile trovare un accordo bonario in sede di accertamento tecnico preventivo.
Se il consulente tecnico accerta che il danno è stato causato da una conduttura condominiale, appare logico risolvere il problema in assemblea anche se, spesso, non è agevole convincere i condòmini a metter mano al portafogli. Abbiamo anche una diversa soluzione: spesso è più facile prevenire il male che curarlo! Come facciamo? Una possibile soluzione passa attraverso l’assicurazione da responsabilità civile. Pochi condomìnii ci pensano perché occorre comunque affrontare una spesa ma, in casi simili, rappresenta una panacea. L’assicurazione, chiamata a
risarcire il danno, avrebbe sottoposto la questione al tecnico di propria fiducia. Accertato che il danno era condominiale, avrebbe provveduto al risarcimento evitando di ricorrere alle aule di giustizia con buona pace di tutti.