I limiti al fondo cassa

Può nascere per pagare le spese di una causa, per l’urgenza di versare oneri ai fornitori o per
pagare i lavori di manutenzione straordinaria del palazzo.

È possibile la costituzione di un fondo cassa condominiale, ma – per tutelare i singoli condòmini –
sono previste precise condizioni. In alcuni casi si rende opportuno (oppure assolutamente necessario) costituirlo per le esigenze del palazzo, vale a dire un fondo speciale relativo a spese che non fanno parte della gestione ordinaria.

Quando può nascere un fondo cassa condominiale?
I fatti per cui si decide di costituire un fondo cassa possono essere diversi. Può trattarsi della necessità di mettere in piedi un deposito per pagare le spese di una causa giudiziale che si è conclusa in modo
sfavorevole per il condominio, di una causa che deve ancora avere inizio oppure di un procedimento cautelare, come quello di accertamento tecnico preventivo, per il quale si deve preventivare il costo dell’attività dell’avvocato, del consulente tecnico di parte e, naturalmente, del consulente tecnico d’ufficio,
di cui si chiede la nomina al giudice. Può essere motivato dall’urgenza di versare oneri dovuti ai fornitori, che non è possibile corrispondere a causa dei mancati pagamenti di uno o più condòmini. Oppure nasce per il pagamento di spese relative all’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria.

Requisiti fondamentali per la costituzione
Qualunque sia la ragione, bisogna tenere ben presente che una delibera approvata dalla sola maggioranza è sufficiente solo in casi specifici e non sempre. Di norma, infatti, per la costituzione di un fondo cassa speciale è necessario raggiungere l’unanimità dei consensi, vale a dire che tutti i partecipanti al condominio e non solo i condòmini presenti all’assemblea devono essere d’accordo. E questo vale indipendentemente dal valore dei millesimi che spettano ai condòmini (o anche all’unico condomino) che si esprimono in senso contrario. Ma la ragione per cui si applica questa limitazione è importante: il condominio è un ente di gestione dei beni comuni e deve occuparsi delle spese ordinarie (oltre a quelle straordinarie, solo quando si rendono necessarie) ripartendole – salvo differenti previsioni contenute nel regolamento contrattuale o in una diversa convenzione approvata da tutti i condòmini – in base ai millesimi di ciascuno. E, per quanto possibile, deve rimanere limitato all’interno di questa funzione, evitando di dare origine ad ulteriori aggravi che, sebbene utili, non sono proprio indispensabili.

Non tutti i condòmini hanno la stessa capacità di spesa, indipendentemente dalle quote che ciascuno deve versare; e così può succedere – ed infatti succede – che la quota riferita a una modesta caratura millesimale spettante al proprietario di un piccolo immobile sia molto più onerosa per quest’ultimo di quanto lo sia, 2 invece, un’altra (molto maggiore) per il proprietario di un immobile assai più grande dello stesso palazzo. Soprattutto nei periodi di crisi economica basta davvero poco per rendere insostenibile, per molti, il debito relativo alle spese di amministrazione condominiale.

Il vademecum delle prescrizioni da seguire

Nella situazione qui descritta quali sono, dunque, le regole operative? In assenza di espresse previsioni normative (tranne che nel caso del fondo spese per le opere di manutenzione straordinaria), le prescrizioni sono state individuate dalla giurisprudenza. Dal momento che la costituzione di un fondo cassa speciale,
nella maggior parte dei casi, viene determinata dalla morosità di qualche condomino, è proprio questa la situazione a cui si riferisce la maggior parte delle decisioni giudiziarie. La regola applicata è quindi quella per cui, dal momento che, in mancanza di una diversa convenzione adottata all’unanimità, la ripartizione delle spese condominiali deve avvenire sempre secondo i criteri di proporzionalità fissati
nell’articolo 1123 del Codice civile, l’assemblea condominiale non ha il potere, con una delibera approvata dalla sola maggioranza, di ripartire tra i condòmini non morosi il debito relativo alle quote dei morosi (Cassazione, 13631/2001). Tranne che nel caso in cui il condominio abbia una effettiva e improrogabile urgenza di costituire un fondo (come avviene nell’ipotesi di una azione esecutiva esercitata da parte di un creditore contro il condominio) e allora è legittima la deliberazione assembleare con la quale si approva la costituzione per sopperire all’inadempimento del moroso. Allo scopo di evitare danni maggiori per gli altri, esposti verso i creditori del condominio a causa del loro vincolo di solidarietà passiva (Cassazione, 3808/1975).

Senza maggioranza, il fondo può nascere solo per rischio di danno

Da questo principio si trae la conseguenza che l’obbligazione di restituire ai condòmini solventi le somme percepite a tale titolo, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto, sorge in capo al condominio e non ai singoli condòmini morosi. Riassumendo: in presenza dell’accordo di tutti
(vale a dire dell’unanimità dei condòmini) è legittima la costituzione di un fondo cassa speciale; altrimenti è consentito costituirlo soltanto quando sussiste un grave rischio di danno, che di solito è rappresentato dal pericolo urgente di un’esecuzione forzata da parte dei creditori insoddisfatti del condominio.

Deve riguardare un’attività necessaria

Un’eccezione a questo principio, entro certi limiti, è quella in cui si debba costituire il fondo cassa per finanziare (o almeno anticipare) i costi di un procedimento giudiziario e, in particolare, di un procedimento cautelare – come quelli di accertamento tecnico preventivo previsti dall’articolo 696 e dall’articolo 696-bis del Codice di procedura civile – per i quali è consentito all’assemblea di deliberare validamente con la sola maggioranza. In questo caso, infatti, pur trattandosi di spesa che non rientra fra quelle tipicamente ordinarie, il fondo cassa riguarda comunque una attività necessaria e non voluttuaria.

Lo stesso succede con le spese di manutenzione e conservazione dei beni comuni. È stato deciso, infatti, che appartiene al potere discrezionale dell’assemblea e non pregiudica né l’interesse dei condòmini alla corretta gestione del condominio, né il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma – perché compensata dal corrispondente minor addebito, in anticipo o a conguaglio – l’istituzione di un fondo cassa (Cassazione, 8167/1997).

Ma, per armonizzare l’applicazione del principio generale anche a questa ipotesi, bisogna presupporre che l’intervento di manutenzione riguardi opere non anche voluttuarie o superflue, ma solo davvero indispensabili. Questo aspetto emerge anche da altre decisioni, come Cassazione, 17035/2016, nella quale è stato affermato che è legittima la delibera assembleare, assunta con il voto favorevole dei rappresentanti oltre la metà del valore dell’edificio, con la quale viene istituito un fondo cassa, in una situazione di grave degrado dell’immobile, per assicurare la provvista utile a procedere a opere di manutenzione straordinaria e ordinaria.

Quando la legge impone la maggioranza

Esiste, infine, un caso in cui la costituzione del fondo cassa a maggioranza è prevista da una specifica disposizione legislativa. Si tratta dell’articolo 1135, comma 1, numero 4, del Codice civile – che è stato sostituito dall’articolo 13 della legge 11 novembre 2012, numero 220, e integrato dall’articolo 1, comma 9, a lettera d), della legge 21 febbraio 2014, numero 9 di conversione del Decreto legge 23 dicembre 2013, numero 145 – secondo cui rientra nelle attribuzioni dell’assemblea condominiale la delibera che provvede alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale che deve essere di importo pari all’ammontare dei lavori.

Se invece le opere devono essere eseguite in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti . In questo caso, quindi, la costituzione del fondo cassa è addirittura obbligatoria e viene deliberata col voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresentino
almeno la metà del valore dell’edificio.

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Fonti Anaci

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