L’articolo 1136, ultimo comma, del Codice civile, prevede che delle riunioni dell’assemblea si deve redigere processo verbale da trascrivere nell’apposito registro tenuto dall’amministratore (il registro dei verbali delle assemblee che è disciplinato dall’articolo 1130, numero 7, del Codice civile) e di cui l’amministratore, nell’ambito delle sue altre attribuzioni, deve curare la tenuta.
I casi di correzione
Con riferimento alla verbalizzazione effettuata nel corso dell’assemblea spesso ci si chiede se sia consentita la sua correzione (e, in caso affermativo, entro quali limiti).
È evidente che si possa fare riferimento alla sola correzione di errori materiali (per esempio si approva l’esecuzione di specifici lavori che, in base al preventivo, hanno un valore di centomila euro, ma, per errore materiale, si verbalizza che il costo deliberato è di soli diecimila euro). In tal caso la delibera, qualora abbia raggiunto la maggioranza deliberativa prevista, è valida, ma solo entro il limite di valore specificato e, in definitiva, non consente di eseguire tutti i lavori oggetto della votazione. Oppure si verbalizza la presenza di un condomino che in realtà era assente e questa erronea attestazione di presenza influisce sul calcolo delle maggioranze deliberative.
Naturalmente si può porre rimedio al problema, mediante la convocazione di una nuova assemblea per deliberare una seconda volta gli stessi lavori, facendo però attenzione, questa volta, a verbalizzare gli importi corretti o i nominativi dei condòmini davvero presenti; ma la convocazione di un’ulteriore assemblea comporta comunque costi economici, oltre che in termini di tempo, che possono avere una rilevanza anche notevole. E non è neppure certo che l’assemblea indetta successivamente si riesca davvero a costituire oppure che i condòmini esprimano un voto identico a quello espresso nell’assemblea precedente.
Gli errori materiali sono emendabili
La soluzione del problema è invece molto più semplice se si ammette la legittimità della correzione degli errori materiali. La correzione infatti deve essere necessariamente limitata ai soli errori materiali e non può essere mai utilizzata allo scopo di modificare il contenuto della delibera approvata, che può essere variato solo attraverso la convocazione di una ulteriore assemblea e una nuova votazione da parte dei condòmini, differente da quella precedente.
In proposito la Suprema corte (Cassazione sentenza 6552/2015) ha chiarito che il verbale dell’assemblea condominiale – costituendo un atto privato, che consiste nella narrazione dei fatti avvenuti in assemblea – non richiede di essere redatto, corretto e chiuso necessariamente nel corso e alla presenza dell’assemblea condominiale, dato che può essere redatto, corretto o modificato anche in assenza dell’organo collegiale, purché il verbale riporti la sottoscrizione del presidente e del segretario che lo hanno redatto o modificato.
Nel caso specifico un condomino assente era stato invece considerato presente, computando i suoi millesimi nella votazione, mentre nella realtà era stato presente un differente condomino i cui millesimi peraltro erano stati computati in maniera ridotta.
Il valore del verbale
La Corte ha chiarito che il verbale dell’assemblea condominiale rappresenta la descrizione di quanto è avvenuto in una determinata riunione e da esso devono risultare tutte le condizioni di validità della deliberazione, senza incertezze o dubbi, dal momento che non è consentito fare ricorso a presunzioni per colmarne le lacune; e che, per questo motivo, fra l’altro il verbale deve contenere l’elenco nominativo dei partecipanti intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi dei condòmini assenzienti e di quelli dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, perché tale individuazione è indispensabile per la verifica dell’esistenza dei quorum prescritti dall’articolo 1136 del Codice civile.