Trasformare il giardino comune in parcheggio è una innovazione

L’articolo 1117, numero 1, del Codice civile contempla – fra le parti che si presumono comuni quando non esiste un titolo contrario – i cortili e accade spesso che nel cortile sia stato realizzato un giardino, che quindi venga messo a disposizione di tutti i condòmini. Ci si chiede allora in quali casi e a quali condizioni sia consentita la modifica del giardino condominiale ad area di parcheggio.

I casi possibili
Naturalmente non si presenta alcun problema quando tutti i condòmini (e non solo i presenti in assemblea) sono favorevoli alla trasformazione del giardino in area di parcheggio. Nel caso in cui invece non venga raggiunta l’unanimità dei consensi che evita qualsiasi questione in relazione alla trasformazione, bisogna verificare innanzitutto se il giardino oggetto del progetto di trasformazione non rientri nell’ambito dei beni culturali ed ambientali oggetto dell’apposita tutela prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (Dlgs 22 gennaio 2004, numero 42); infatti, quando è presente un vincolo, il mutamento di destinazione non è consentito neppure se siano d’accordo tutti i condòmini.

Il regime delle innovazioni
Nei casi in cui non è presente il vincolo, invece, trova applicazione la regola secondo cui la trasformazione del giardino comune, realizzata mediante l’abbattimento di opere murarie e di essenze verdi, il livellamento del suolo e lo spostamento di punti di illuminazione, allo scopo di attuare la nuova destinazione dell’area a parcheggio, costituisce una innovazione, che è assoggettata al regime previsto dall’articolo 1120 del Codice civile, per effetto del quale l’opera, seppure approvata con la maggioranza prevista dall’articolo 1120, può ricadere comunque fra le innovazioni vietate.

È stato chiarito, infatti, che opere come in particolare l’abbattimento di una pianta determinano non semplici modifiche alla cosa comune finalizzate a sopperire alla sua eventuale insufficienza strutturale o a migliorarne l’utilizzazione da parte dei condòmini, ma innovazioni vere e proprie, dal momento che, attraverso esse, viene modificata la concreta destinazione della cosa; con la conseguenza che il tratto che caratterizza l’intervento di ristrutturazione o di miglioria che non costituisce innovazione in senso tecnico-giuridico va allora individuato nella conservazione della precedente destinazione concreta della cosa sulla quale incide l’intervento.

Costituisce invece innovazione qualsiasi intervento modificativo eseguito sulle parti comuni di un edificio o su impianti o cose comuni che ne alteri l’entità materiale operandone la trasformazione oppure ne modifichi la destinazione di fatto, nel senso che tali beni, a seguito delle opere eseguite, presentino caratteristiche oggettive, abbiano una consistenza materiale o comunque siano utilizzati per fini diversi da quelli precedenti all’intervento, in modo che queste opere precludono la concreta utilizzazione della cosa comune in conformità alla sua naturale e precedente fruibilità (Cassazione ordinanza 10077/2019).

Conclusioni
In sostanza – si legge nella decisione della Suprema corte – il tratto che caratterizza l’intervento di ristrutturazione o miglioria che non costituisce innovazione in senso tecnico giuridico va individuato nella conservazione della precedente specifica destinazione della cosa sulla quale esso incide.
Va però ricordato come in altra occasione sia stato invece deciso che, quando l’innovazione deliberata a maggioranza dall’assemblea contempla, per realizzare posti auto, l’abbattimento di alberi esistenti nel cortile di uso comune, ricorre una ipotesi di nullità della delibera, perché una decisione dotata di questo contenuto, dal momento che comporta la distruzione di un bene comune, richiede di essere adottata all’unanimità (Corte di appello di Cagliari sentenza 14 marzo 2019).

Nella decisione si spiega, infatti, che la delibera che dispone una innovazione che comporta una limitazione al pari diritto degli altri condòmini su beni di comproprietà deve essere considerata nulla quando manca l’approvazione dei condòmini all’unanimità.

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