Una recente sentenza della Cassazione civile (la numero 20006/2020) si è occupata della questione, nel giudizio di opposizione (da parte di un condòmino) a decreto ingiuntivo notificatogli dal condominio per chiedere il pagamento di contributi per spese condominiali, anche relative a gestioni precedenti all’ultima chiusa. Il condominio deve provare il credito, depositando il verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché i relativi documenti; l’amministratore deve dimostrare che la domanda è fondata, che il credito preteso sussiste, che è esigibile e che il condominio ne è titolare. Il Giudice, pronunciando sul merito della domanda, emetterà una sentenza favorevole o meno, condannando il condòmino a pagare o meno la somma, od a pagarla in parte.
Titolo di credito
Una delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo di credito sufficiente del credito condominiale e legittima la concessione del decreto ingiuntivo da parte del giudice e la condanna del condòmino a pagare le somme nel processo di opposizione, in cui il giudice deve solo verificare la perdurante esistenza della delibera di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza numero 26629/2009).
L’opposizione
Il giudice deve accogliere l’opposizione solo quando la delibera condominiale abbia perso la sua efficacia, per averne sospesa l’esecuzione il giudice dell’impugnazione proposta (ai sensi dell’art. 1137 del codice civile) o per avere annullato la delibera (Cassazione civile, sentenza numero 7741/2017). La delibera dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell’amministratore (contenente le spese di gestione) può essere impugnata dai condòmini contrari, astenuti od assenti per ragioni di mera legittimità, non essendo consentito al singolo condòmino rimettere in discussione le decisioni adottate dalla maggioranza.
Il rendiconto e la sua validità
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e del piano di riparto, con la maggioranza prevista dalla legge, discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligo di ciascuno dei condòmini di contribuire alle spese per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio. L’amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio, non è tenuto a sottoporre nuovamente all’esame dei singoli condòmini i documenti giustificativi, dovendo gli stessi venire controllati prima dell’approvazione del bilancio, senza che i singoli condòmini abbiano la facoltà postuma di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti già adottati dalla maggioranza.
Il rendiconto deve contenere “le voci di entrata e di uscita” (incassi e i pagamenti eseguiti), con ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione, anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti, avendo riguardo al risultato economico dell’esercizio annuale.
Crediti e debiti
Secondo il “principio di cassa”, i crediti vantati dal condominio verso un singolo condòmino vanno inseriti nel consuntivo relativo all’esercizio annuale nel quale sia avvenuto il loro accertamento (Cassazione civile, sentenza 15401/2014) e, una volta inseriti in tale rendiconto di un determinato esercizio annuale, i nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali ed i relativi importi da ciascuno dovuti, ove rimasti insoluti, devono essere riportati (come residui a debito) nei successivi anni di gestione, costituendo essi non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo del condominio, ma anche una permanente posta di debito di quei condòmini morosi nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, per un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente, riportandoli come debito (o eventualmente credito) in capo ai singoli condòmini debitori all’inizio della nuova gestione, e non ha senso invocare al riguardo il limite della durata annuale della gestione condominiale; l’amministratore può solo apportare al rendiconto impugnato le variazioni -eventualmente- imposte dal giudice e, quindi, modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo. Il rendiconto consuntivo per i successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali del singolo condòmino, riporti tutte le somme da questi dovute al condominio, comprese le morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall’assemblea, può solo essere impugnato ai sensi dell’articolo 1137 del codice civile, altrimenti diventa esso stesso idoneo titolo del credito complessivo del condominio nei confronti di quel condòmino, sia per le somme della gestione in corso che dei residui a debito delle gestioni precedenti.