A prescindere dal criterio adottato, il rendiconto è annullabile se non chiaramente comprensibile

Gli attori hanno impugnato una delibera condominiale per invalidità del rendiconto, in quanto redatto secondo il criterio di competenza e non secondo il criterio di cassa e, dunque, non immediatamente intellegibile e verificabile, come invece richiesto dalla legge.

Natura e funzione del rendiconto condominiale
Principalmente, gli attori hanno contestato il criterio utilizzato per la redazione del rendiconto, ritenuto in contrasto con l’articolo 1130 bis Codice civile. Tale norma prevede che il rendiconto condominiale contenga le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentirne l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti. L’amministratore di condominio non è obbligato al rispetto rigoroso di regole formali, come previste nella tenuta della contabilità e nella redazione del bilancio per le imprese. Tuttavia, egli deve attenersi a principi di ordine e correttezza ed approntare un documento chiaro e intelligibile, con precisa indicazione delle voci dell’attivo e del passivo, che siano corrispondenti e congrue rispetto alla documentazione in suo possesso. Sulla scorta di tale principio, parte della giurisprudenza e della dottrina ha ritenuto che l’amministratore debba attenersi al criterio contabile di cassa, in quanto lo stesso sarebbe l’unico ad assicurare l’immediata comprensibilità dei dati (Tribunale di Roma, sezione quinta del 2 ottobre 2017).

Il criterio misto
In mancanza di un vincolo legislativo espresso sul criterio contabile da adottare, nella sentenza del Tribunale di Savona 266/2022 , si è però pervenuti all’opportunità di adottare un criterio per così dire misto, di cassa e di competenza insieme. I condòmini, del resto, devono avere chiara specificazione delle spese erogate nella gestione per cui si chiede l’approvazione, tenendo presente quelle che, benché riferentesi a servizi resi nella gestione oggetto della delibera, dovranno essere concretamente sostenute in quella successiva. Ciò si è osservato, anche al fine di salvaguardare coloro che, nelle more tra un esercizio e un altro, dovessero acquisire la proprietà di un immobile facente parte dell’edificio (Corte d’appello di Milano, sentenza 979/2015; Corte d’appello di Trieste, sentenza 367/2021).

Il rendiconto, come visto, ha una struttura complessa, ed è composto da diverse parti documentali che, per loro natura non si prestano ad essere redatte secondo un unico criterio. Così, in linea di massima, è stato argomentato che mentre il registro di contabilità presuppone l’adozione del criterio di cassa (dovendo in esso essere annotati in ordine cronologico i singoli movimenti di entrata ed uscita), la situazione patrimoniale esige la rilevazione e registrazione di fatti contabilmente rilevanti secondo
il criterio di competenza.

I criteri adottabili
In particolare, il principio di cassa consiste nella registrazione delle entrate e delle uscite effettivamente manifestatesi finanziariamente nel periodo di riferimento con una conseguente necessaria corrispondenza tra i movimenti contabili registrati nel libro cassa e quelli risultanti dall’estratto del conto corrente bancario condominiale. Il principio di competenza, invece, prescinde dall’effettività della spesa e cioè dal fatto che ci sia stato l’esborso effettivo di denaro, considerando tutte le entrate e le uscite
riferite al periodo gestionale; esso si presenta oggettivamente più complesso e non consente ai condòmini – spesso non dotati di particolari competenze tecniche contabili – un’immediata ricostruzione delle voci del rendiconto.

Il ruolo dell’amministratore
Nella prassi, raramente un amministratore adotta uno dei due criteri in maniera esclusiva ma, spesso, affianca al criterio prescelto anche l’altro, adottando una sorta di criterio misto. Al principio di competenza per le uscite inserite nel rendiconto per le fatture riferite all’esercizio di gestione dell’anno precedente verrà, quindi, affiancato il principio di cassa per la rilevazione degli incassi pervenuti da parte dei singoli condòmini fino alla data di redazione dello stesso rendiconto; conseguentemente
verrà applicata la compensazione dei saldi individuali consuntivi di fine gestione con gli importi individuali delle rate preventivate per il nuovo esercizio gestionale.

L’indispensabile chiarezza
A fronte della libertà delle forme goduta dall’amministratore nella redazione del rendiconto, diviene importante che lo stesso, complessivamente inteso, fornisca ai condòmini un’indicazione chiara e completa della gestione condominiale e della situazione patrimoniale del condominio, in modo da consentire ed anche facilitare il controllo dei dati da parte dei condòmini. In quest’ottica, dunque, per il rispetto della norma di legge, assumono massimo rilievo non già i criteri redazionali, bensì i requisiti di trasparenza, intelligibilità e chiarezza, già valorizzati dalla Suprema corte (Cassazione 9099/2000 e 1405/2007), senza però che l’amministratore sia sottoposto a rigidi vincoli di tecnica contabile, evitati e non voluti dal legislatore.

L’esito
Nel caso di specie il rendiconto condominiale era stato redatto secondo il criterio di competenza, in alcuni casi integrato e corretto dall’adozione del principio di cassa. Se tale scelta appariva legittima in linea di principio, tuttavia l’amministratore aveva comunque violato il disposto di cui all’articolo 1130 bis Codice civile, in quanto il rendiconto condominiale non era chiaro ed intellegibile; in particolare, vi era l’esigenza della redazione di prospetti di raccordo fra le voci. Inoltre, mancando alcuni dati, il rendiconto risultava essere di difficile comprensione in quanto non c’era coincidenza tra il registro di contabilità e il consuntivo globale in merito al numero e alla data di registrazione; non sempre veniva riportato il nominativo del fornitore; non erano indicati i dati distintivi delle fatture né a quale gestione si riferissero i vari pagamenti. Ciò aveva reso difficoltosa ogni forma di controllo in quanto per ogni fornitore è necessario conoscere il dato della gestione precedente e detrarre le fatture pagate nell’attuale esercizio. La norma richiede che i dati espressi siano immediatamente verificabili, ma nel caso di specie, era evidente che, per superare incongruenze oggettive, fosse stato necessario esaminare direttamente i documenti di spesa e redigere prospetti di riconciliazione: l’immediata verificabilità, tanto più per
il semplice condomino, è stata ritenuta insussistente (Tribunale di Torino, sentenza 2764/2018). Alla luce di tali ragioni, la delibera assembleare impugnata è stata annullata per avere approvato un consuntivo non improntato ai criteri previsti dalla legge, in violazione dei diritti dei condòmini (Cassazione 10153/11 ).

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