Cosa accade se non si approva il bilancio

Piuttosto problematica si presenta l’eventualità di mancanza di un bilancio condominiale, per i vari riflessi che ne possono scaturire, con particolare riguardo alla raccolta dei contributi. Non esiste in proposito una specifica soluzione normativa, né si può ricorrere in via suppletiva ed analogica al diritto societario (come fatto più volte dai giudici in altre situazioni compatibili) attesa la chiara inapplicabilità, nella specie, dell’articolo 2484 n. 3 del Codice civile sull’inattività dell’assemblea, a cui peraltro provvede per il condominio la generica norma di chiusura sulla “volontaria giurisdizione” (articolo 1105 del Codice).

La nozione di bilancio
Ai fini di queste brevi considerazioni è sufficiente restringere la nozione di “bilancio” ai due tipici e
fondamentali componenti dello stesso, il consuntivo (o rendiconto) ed il preventivo, entrambi previsti nell’articolo 1135 del Codice. Ai medesimi sono collegati, per quanto qui interessa, sia il recupero dei crediti verso i condòmini “morosi”, quale obbligo autonomo dell’amministratore, sia la ricostituzione della provvista finanziaria per il nuovo esercizio, di competenza deliberativa dell’assemblea. Sotto il primo profilo, sebbene la giurisprudenza aggiunga altri titoli di credito per la riscossione (delibera di spesa, prospetti mensili non contestati, fondo spesa legittimamente costituito), non v’è dubbio che il bilancio rimanga fondamentale ed imprescindibile per tutto l’ampio e complesso ventaglio di interventi della gestione ordinaria, il cui potere di spesa appartiene all’autonoma competenza dell’amministratore senza necessità di preliminare delibera assembleare (articolo 1130 n. 3 del Codice).

Secondo una prassi consolidata, la riscossione contributiva avviene sulla base probatoria del “preventivo” che consente, se sussiste lo stato di riparto, di beneficiare della clausola di immediata esecutorietà del decreto ingiuntivo (Cassazione 20069/2017). Gli eventuali residui crediti non riscossi (morosità) vengono riportati, al momento della chiusura dell’esercizio, nel “consuntivo” (che sostituisce dal momento della sua approvazione il passato “preventivo”: Cassazione 28517 del 2013) e sono abitualmente denominati “saldi passivi” o “conguagli”. Per questi importi il consuntivo non rappresenta un nuovo fatto costitutivo del credito (quindi la relativa prescrizione decorre sempre dalla delibera originaria di approvazione della spesa: Cassazione 20006 del 2020) ma costituisce comunque idoneo titolo (esecutivo) del credito stesso e quindi è impugnabile ex 1137 anche se non sono state impugnate le precedenti delibere (da ultimo: Cassazione 20009 del 2022).

Posto quanto sopra, rimangono da considerare le possibili conseguenze della mancanza di bilancio, che si verifica o per difetto di approvazione assembleare, o per annullamento della relativa delibera di approvazione.

Annullamento della delibera sul bilancio approvato
Di questo problema si è occupata di recente la giurisprudenza, con riguardo ad un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo del condominio. La Suprema corte ha escluso la revocabilità automatica dell’ingiunzione opposta in quanto il giudice deve pronunciarsi sul merito della pretesa a seconda che l’amministratore ne dimostri o meno la fondatezza, dal momento che per le spese ordinarie la delibera di ripartizione ha valore puramente dichiarativo (Cassazione 20836 del 2022).
Ha quindi rimesso gli atti alla Corte d’appello per un nuovo accertamento su tale fatto. Si può supporre che, salvi diversi riscontri della Corte d’appello nel merito, i crediti del condominio, riprodotti contabilmente nel “consuntivo” poi annullato, rimangono dimostrati dal vecchio “preventivo” approvato che resta in vigore finché non sostituito dal “consuntivo” (come sopra detto).

Mancata approvazione del consuntivo
Più laboriosa si presenta la disamina quando è l’assemblea stessa a non approvare il bilancio, in entrambi o in uno dei suoi componenti, da prendere singolarmente in considerazione per la diversità di effetti che può derivarne. Il consuntivo” (o “rendiconto”) è lo specchio dell’attività svolta dall’amministratore, con riguardo a tutto il complesso della gestione ordinaria per la quale, come sopra detto, ha piena autonomia di spesa. La disamina assembleare del consuntivo serve a stabilire se l’operato dell’amministratore risulti conforme ai criteri di buona amministrazione (Cassazione 19991/2012). La sua approvazione accerta le spese effettuate, valuta l’opportunità delle stesse rispetto al preventivo e convalida lo stato di ripartizione definitivo (Cassazione 454 del 2017 e 10235 del 2013), in altri termini ratifica l’attività svolta  dall’amministratore.

Dopo tale approvazione il singolo condomino non può più rivolgere censure all’operato dell’amministratore, ma solo avvalersi dell’impugnazione della delibera nei casi dell’articolo 1137
del Codice, in mancanza della quale gli è preclusa l’azione di responsabilità contro l’amministratore per la gestione dei beni e servizi condominiali (Cassazione 1186 del 2019). Prevedibilmente, prima di una completa e pregiudizievole bocciatura l’assemblea provvederebbe a sanare, nella stessa o in una seconda seduta con un nuovo testo (Tribunale di Roma 11876 del 2020), eventuali irregolarità su singole spese, mentre le più gravi e irrimediabili violazioni potrebbero consentire una approvazione parziale del documento, salve poi le eventuali azioni di responsabilità verso l’amministratore.

Per converso, una semplice totale ed immotivata bocciatura del rendiconto, in forma esplicita oppure tacita per mancanza del quorum, non potrebbe avere altro senso che la manifestazione di sfiducia verso l’operato dell’amministratore, a cui dovrebbe conseguire per logica coerenza la revoca dello stesso. Ove non si proceda alla revoca, né l’amministratore presenti le dimissioni, e neppure venga promossa contro il medesimo alcuna azione giudiziale, il mandato e la gestione non possono che proseguire. Il recupero dei crediti in sofferenza avverrebbe per gli atti straordinari in base alle delibere autorizzative e per il resto con il “preventivo” del passato  esercizio; mentre ulteriori maggiori crediti portati dal consuntivo (ad esempio, per consumo d’acqua o riscaldamento, o spese personali dei condòmini, e così via) risulterebbero alloggiati nel nuovo preventivo.

La bocciatura del preventivo
Ben diversa e maggiore gravità presenta l’ipotesi che l’assemblea non approvi il nuovo “preventivo” a valere per il successivo esercizio, poiché ne sarebbe pregiudicata la raccolta dei fondi indispensabili per la gestione, impedendo l’ordinaria manutenzione, le spese per le forniture, i servizi comuni, e così via. Altra conseguenza, magari non frequente ma certo per nulla trascurabile, è che l’impossibilità di assumere i provvedimenti necessari ed urgenti a salvaguardia della incolumità delle persone (ad esempio in caso di rovina di edificio) per mancanza di fondi, se da un lato esonera l’amministratore da ogni responsabilità, dall’altro fa ricadere la stessa, sia civile che penale, in capo ai singoli condòmini (Cassazione penale 14465 del 2014, n. 16790/2011, n. 21401 del 2009).

Nella descritta situazione, l’amministratore non può che convocare un’altra assemblea ponendo
all’ordine del giorno il versamento delle quote riportate nel preventivo non approvato e sottolineando l’importanza di ricostituire la provvista ed i rischi di responsabilità dei  condòmini. La via di impugnazione della delibera ex articolo 1109 numero 1 del Codice per grave pregiudizio alla cosa comune non è praticabile, perché non avrebbe l’effetto di rendere efficace il preventivo non approvato. Ferma la possibilità dell’amministratore di rinunciare al mandato per giusta causa (violazione dell’obbligo ex articolo del Codice 1719 di fornire i mezzi per l’esecuzione del mandato) non rimarrebbe, quale rimedio principe, che il ricorso dei condòmini alla volontaria giurisdizione ai sensi del citato articolo 1005/4° per la necessità di far assumere un provvedimento necessario alla gestione.

Il giudice potrebbe, ad esempio, imporre la convocazione di una nuova assemblea con il rispetto di
un ordine del giorno utile a risolvere la questione (Tribunale di Modena 24 febbraio 2009), o provvedere alla nomina di un amministratore giudiziale con tutti i poteri amministrativi e deliberativi, oppure ordinare il versamento delle quote in base al preventivo se ritenuto congruo e coerente da un perito, o infine assumere ogni altro provvedimento ritenuto necessario per evitare la paralisi dell’attività di gestione delle cose comuni.

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