Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione

L’articolo 1130-bis del Codice civile prevede una disciplina dettagliata sul rendiconto condominiale.
Si stabilisce infatti che il rendiconto condominiale:
– deve contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato relativo alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, che devono essere espressi in modo da consentirne l’immediata verifica;
– è composto da un registro di contabilità, da un riepilogo finanziario e da una nota sintetica esplicativa della gestione, con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.
La redazione del rendiconto

Partendo proprio da queste previsioni legislative, la Cassazione con una sua recente decisione (ordinanza numero 9544/2023) ha avuto occasione di chiarire un aspetto importante che riguarda la redazione del rendiconto condominiale.

La Corte ha ricordato che le «voci di entrata e di uscita» – a cui fa riferimento l’articolo 1130-bis – sono costituite dagli incassi e dai pagamenti eseguiti in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie, avendo riguardo al risultato economico dell’esercizio annuale secondo il cosiddetto principio di cassa (Cassazione sentenza numero 10153/2011), per effetto del quale i crediti vantati dal condominio verso il singolo condomino devono essere inseriti nel consuntivo relativo all’esercizio durante il quale sia avvenuto il loro accertamento (Cassazione ordinanza numero 20006/2020 e sentenza numero 15401/2014); questa modalità di rendicontazione è motivata dal fatto che il rendiconto, in forza di un principio di continuità, deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente, a meno che questi ultimi non siano stati dichiarati inesatti e illegittimi mediante una sentenza passata in giudicato.

L’impugnazione del rendiconto
Bisogna infatti tenere presente che il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione, che nel prospetto dei conti individuali riferiti a ciascun condomino riporti tutte le somme dovute al condominio, comprese le morosità maturate nelle annualità precedenti, dopo che è stato approvato dall’assemblea può essere impugnato secondo la previsione dell’articolo 1137 del Codice civile, in considerazione del fatto che altrimenti costituirebbe di per sé un titolo idoneo del debito complessivo dovuto da quel singolo partecipante – anche se non costituisce «un nuovo fatto costitutivo del credito» stesso (Cassazione sentenza numero 4489/2014) – per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale prevista dall’articolo 1137, comma 1, e della sua conseguente idoneità a far insorgere l’obbligazione e la relativa prova.

Quali somme vanno inserite
In proposito i giudici di legittimità hanno precisato che, quindi, costituisce un errore inserire nei rendiconti consuntivi per successivi periodi di gestione anche tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle annualità precedenti. Infatti, predisponendo in questo modo il rendiconto, al credito già esistente a favore del condominio e attestato dal verbale assembleare di approvazione del rendiconto precedente si viene ad aggiungere di nuovo lo stesso identico credito determinato dall’approvazione anche del successivo rendiconto, con la conseguenza che – perlomeno fino a quando il debito non viene saldato dal condomino moroso oppure il rendiconto non viene dichiarato illegittimo dal giudice perché il debito in realtà non sussisteva – il condominio avrebbe anche la possibilità di azionare giudizialmente, pure qualora nell’esercizio precedente avesse già attivato una procedura di recupero del credito ancora non definita.

A cosa deve fare attenzione l’amministratore
Naturalmente, pure se in astratto esiste la possibilità per il condominio di agire in giudizio per il medesimo credito con riferimento sia al rendiconto dell’esercizio precedente che a quello dell’esercizio successivo in cui viene riportato di nuovo anche quello stesso credito, l’amministratore deve avere molta cura ad evitare assolutamente una simile iniziativa perché, anche se l’opposizione giudiziale del condomino venisse dichiarata infondata dal giudice, il credito del condomino comunque rimane uno solo e la seconda azione giudiziaria esercitata per recuperare quella somma sarebbe destinata comunque ad essere rigettata dal giudice in quanto costituirebbe una duplicazione dello stesso credito, che – come tale – sarebbe illegittimo.

Conclusioni

Conviene quindi ribadire che il precedente credito deve essere inserito anche nel rendiconto successivo unicamente allo scopo di indicare al condomino il suo debito totale verso il condominio, ma deve essere inserito in una apposita colonna che consenta così di identificare quale era il vecchio credito rispetto a quello nuovo a cui va ad aggiungersi.
Infatti costituisce un principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui la redazione del bilancio non richiede una forma rigorosa come quella prevista per i bilanci delle società (Cassazione sentenza numero 1405/2007) o l’analitica indicazione dei nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e degli importi da ciascuno dovuti – che neppure è idonea ad incidere sulla validità della delibera di approvazione del rendiconto, trattandosi di omissione che non comporta neppure una irregolarità formale di detta delibera, sempre che le poste attive e passive risultino correttamente iscritte nel loro importo – (Cassazione sentenza numero 1544/2004).

La chiarezza del documento
Tuttavia il rendiconto deve riportare il corretto importo delle poste attive e passive, in modo tale da rendere intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione, e consentire loro di conoscerne l’esatta consistenza, perché, altrimenti, l’omissione di questi dati determina l’illegittimità del rendiconto e, di conseguenza, l’illegittimità della deliberazione dell’assemblea condominiale che lo ha approvato.
Va infine ricordato che, sotto l’aspetto processuale della prova, dal momento che costituisce onere dell’amministratore la corretta redazione del bilancio e che dalla violazione di quest’obbligo deriva l’illegittimità del bilancio e di conseguenza della delibera che lo ha approvato, grava necessariamente sul condominio l’onere di dimostrare di avere operato secondo le indicazioni di legge con l’approvazione di un rendiconto redatto in modo corretto, mentre il condomino che si oppone ad esso deve dimostrare la scorrettezza dei dati riportati nel rendiconto, anche attraverso la produzione della documentazione giustificativa delle maggiori somme corrisposte, in modo da ottenere l’annullamento della decisione assembleare.

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