Quando si può considerare legittimo l’impianto di videosorveglianza privato

Partiamo dal presupposto che il privato può legittimamente installare una propria telecamera anche sulle mura condominiali. Tale tipo di intervento è stato considerato legittimo in virtù dell’articolo 1102 Codice civile che dà la possibilità al singolo condomino di utilizzare il bene comune senza pregiudicare il pari uso agli altri comproprietari e senza mutare la destinazione del bene comune. Da un punto di vista di trattamento dei dati personali si osserva che, in base all’articolo 2, paragrafo 2 del Regolamento, quando il trattamento è effettuato da una «persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico», non trovano applicazione le disposizioni del Regolamento.

A tal proposito, il considerando numero 18 del Regolamento specifica che si considera «attività a carattere esclusivamente personale o domestico» quella effettuata senza che si realizzi una connessione con un’attività commerciale o professionale. Possiamo addurre che l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza da parte di persone fisiche nelle aree di diretto interesse (quali quelle inerenti al proprio domicilio e le sue pertinenze) sono da ritenersi, in linea di massima, escluse dall’ambito di applicazione materiale delle disposizioni in materia di protezione dati, perché rientranti tra i trattamenti effettuati per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale e domestico.

Vero è che, secondo gli ultimissimi orientamenti, la disposizione della non applicabilità del Gdpr in caso di installazione del privato viene meno laddove l’uso non sia considerabile più come prettamente personale, e ciò avviene ove questi inquadri aree condominiali o di terzi. L’ambito di comunicazione dei dati non deve eccedere, quindi, la sfera familiare del titolare e le immagini non devono essere oggetto di comunicazioni a terzi o di diffusione e il trattamento non si deve estendere oltre gli ambiti di stretta pertinenza del titolare riprendendo immagini in aree comuni (anche di tipo condominiale quali scale, androni, parcheggi), luoghi aperti al pubblico (vie o piazze), o aree di pertinenza di terzi (giardini, terrazzi, porte o finestre di pertinenza di terzi). In tali circostanze, invece, il trattamento effettuato deve ritenersi illecito in quanto privo di un’idonea base giuridica.

Ma vi è un’eccezione. Infatti sul punto, viene riconosciuto il diritto (del titolare del trattamento) a tutelare il proprio diritto alla proprietà previa dimostrazione dell’effettuato esame sul legittimo interesse, da considerarsi come base giuridica eccezionalmente applicabile laddove sussistano i requisiti della necessità e dell’attualità del diritto alla tutela della proprietà privata. Tale diritto, vive in un continuo bilanciamento con quello altrettanto riconosciuto e concernente la riservatezza del dato personale del soggetto nell’eventualità venisse ripreso dalla telecamera. L’esame sul bilanciamento in questione poi, in caso di disaccordo tra le parti, è rimesso al giudice di merito. Ciò vuol dire che nel caso in cui per riprendere la propria proprietà o una propria pertinenza, il privato si trova a violare la riservatezza altrui, riprendendo anche un’area condominiale o di terzi, bisognerà effettuare una valutazione “case by case” prima di poter ritenere legittima o meno l’installazione.

Ad esempio, è stata ritenuta legittima l’installazione di un impianto di videosorveglianza privato che, però, inquadrava il pianerottolo e la porta dei dirimpettai. Tra i motivi sottesi a tale valutazione l’autorità giudicante ha inserito il fato che il condomino aveva comunque avvisato l’amministrazione, aveva apposto il cartello, aveva precedenti “collerici” con i vicini, la telecamera era installata nell’unico punto possibile, e le piccole dimensioni del pianerottolo rendevano impossibile tenere fuori dalla ripresa i luoghi di terzi o condominiali (Tribunale di Prato, sentenza del 29 giugno 2023, numero 440).
In altro caso, è stato ritenuto che «soltanto in presenza di situazioni di rischio effettivo, il titolare del trattamento può, sulla base di un legittimo interesse, estendere la ripresa delle videocamere anche ad aree che esulano dalla propria esclusiva pertinenza, purché ciò sia adeguatamente motivato e suffragato da idonea documentazione (denunce, minacce, furti).
In tali casi, il titolare del trattamento è tenuto al rispetto delle disposizioni in materia di protezione dati personali, rinvenibili nelle Linee guida 3/2019, sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video, adottate dal Comitato europeo per la protezione dei dati e nel Provvedimento generale in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010 (reperibile sul sito del Garante, documento web 1712680). (Provvedimento dell’Autorità Garante 9896468 del 27 aprile 2023).

Resta inteso che, stante la natura privata dell’impianto, spetterà al singolo condomino ogni incombente ad esso relativo, ivi compresa l’affissione della cartellonistica, la conservazione delle immagini e, nel caso di contestazione in merito all’estensione delle riprese anche ad aree che esulano la propria esclusiva pertinenza, la dimostrazione che l’installazione sia adeguatamente motivata e suffragata da idonea documentazione.

Concludendo, quindi, ogni condomino potrà installare un proprio impianto di videosorveglianza su parti comuni ma sarà responsabile del trattamento dei dati personali così trattati (audio/video) dovendo, se chiamato in tal senso, motivare alle competenti autorità le ragioni giustificatrici dell’installazione nel caso in cui la ripresa si spinga sino a luoghi comuni ad altri o di terzi.

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