Se l’appaltatore insoddisfatto lo chiede, l’amministratore deve fornire i dati completi dei condòmini morosi

Se l’appaltatore insoddisfatto lo chiede, l’amministratore deve fornire i dati completi dei condòmini morosi. La semplice trasmissione del piano di riparto non tutela il terzo creditore e legittima l’applicazione di penale per ogni giorno di ritardo nella comunicazione.

In seguito alla richiesta del fornitore insoddisfatto, avanzata giudizialmente davanti al competente Tribunale, l’ente di gestione deve comunicare senza ritardo tutti i dati necessari per agevolare al massimo il creditore nella realizzazione del proprio diritto di credito residuo.

Il condominio, pertanto, tramite l’amministratore, deve inviare all’appaltatore l’elenco nominativo dei condòmini morosi, completo di una serie di informazioni ulteriori, complementari ma essenziali all’esatta e immediata individuazione dell’obbligato, quali codice fiscale, data e luogo di nascita, residenza o domicilio, indicazione dei millesimi di proprietà e dei dati catastali degli immobili (con relativa tabella applicabile) e le somme dovute da ciascuno, non essendo sufficiente la trasmissione del solo piano di riparto delle spese, dal quale evincere le quote non ancora versate e i soggetti non adempienti.
Per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento, inoltre, la compagine condominiale, sulla base dell’istanza proposta dall’attrice in base all’articolo 614 bis del Codice di procedura civile, dovrà versare alla controparte una penale pari a 20 euro.

I fatti di causa
Con questi principi di diritto, enunciati nella sentenza 7119/ 2023 , il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda azionata nei confronti del condominio dalla ditta che, pur avendo realizzato opere certificate per un ammontare di circa 137 mila euro, non aveva ricevuto per intero il compenso pattuito contrattualmente. E che, per effetto della denunciata condotta omissiva, lamentava l’impossibilità di procedere correttamente all’esecuzione forzata.

L’orientamento della Cassazione
Il Tribunale partenopeo evidenzia come, nel caso di specie, le parti abbiano inteso derogare alla giurisprudenza della Cassazione, secondo la quale il principio della parziarietà delle obbligazioni assunte dal condominio nei confronti dei terzi, deve essere applicato alla fase meramente esecutiva della realizzazione del credito insoddisfatto. Secondo questo orientamento, solo dopo aver conseguito all’interno di un giudizio la condanna dell’ente di gestione, in persona dell’amministratore quale legale rappresentante della compagine condominiale, il creditore potrà procedere all’esecuzione individualmente, nei confronti dei singoli, sulla base della quota proporzionalmente riferibile a ciascuno (Cassazione, 9148/08). Per la Cassazione, infatti, mentre unico è il rapporto contrattuale dal quale scaturisce l’obbligazione, quest’ultima è viceversa divisibile e quindi suscettibile di esecuzione verso ciascuno dei soggetti che, pur collettivamente obbligatisi in forza della rappresentanza conferita all’amministratore, sia poi rimasto inadempiente.

L’obbligo dell’amministratore sui dati richiesti dal creditore
Nella fattispecie sottoposta al vaglio del giudice di merito, al contrario, risulta evidente come le parti abbiano inteso derogare a tali principi. In particolare, a essere oggetto d’analisi è l’articolo 9 del contratto d’appalto, nel quale si prevede a chiare lettere che l’impresa rinuncia espressamente alla possibilità di agire preventivamente per l’ottenimento del titolo che accerti il suo diritto, nei confronti del condominio nel suo complesso. Ad avviso del Tribunale di Napoli, dunque, l’articolo preclude il riconoscimento di ogni vincolo di solidarietà tra i condòmini in ordine alle obbligazioni derivanti dal contratto stipulato dall’amministratore con l’appaltatrice, così come è altrettanto evidente che l’esonero dalla responsabilità solidale sia stato considerato essenziale ai fini della stipula del contratto d’appalto.
Queste osservazioni, che per il giudicante devono essere lette in combinato disposto con la nuova formulazione dell’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile susseguente alla riforma, inducono il giudice a concludere che l’amministratore è obbligato a fornire tutte le informazioni che consentano concretamente al creditore di soddisfare il proprio credito. Si tratta di una prescrizione dal contenuto cogente, alla quale l’amministratore non può mai sottrarsi anche in esecuzione dell’(ulteriore) obbligo di cooperazione e protezione a tutela di chi, vantando un credito verso il condominio, senza quei dati non sarebbe messo nelle condizioni di realizzare parziariamente il suo credito.

Le integrazioni necessarie
Ma non basta: la mera indicazione dei nominativi e delle quote dovute (nel caso di specie pur forniti, attraverso il piano di riparto inviato dall’amministratore all’attrice) non è sufficiente, in quanto occorrerà integrarla con l’indicazione di tutti gli elementi necessari a consentire l’immediata riferibilità ai singoli condòmini degli effetti delle obbligazioni assunte dal condominio nel suo complesso, quali codice fiscale, data e luogo di nascita, residenza o domicilio, indicazione dei millesimi di proprietà e dei dati catastali degli immobili, con la relativa tabella applicabile.

Cosa prevede l’articolo 63 sulla solidarietà passiva
La sentenza in commento, che non brilla per chiarezza espositiva, si lascia apprezzare in quanto pone all’attenzione dell’interprete la questione della natura della responsabilità dei condòmini nei confronti dei terzi, per le obbligazioni assunte dall’amministratore in nome e per conto dell’ente di gestione. La quale, nonostante possa ritenersi il contrario, non è ancora organicamente composto e definita.
Nonostante la giurisprudenza della Cassazione, anche richiamata dal Tribunale di Napoli, paia essersi ormai assestata nel senso evidenziato della parziarietà delle obbligazioni in oggetto, tra gli interpreti non mancano posizioni discordanti. A fronte di illustre dottrina (Scarpa) che parrebbe ritenere addirittura superato il problema, dando per ormai accertata la riferibilità ai singoli condòmini della sola parte di debito relativa alla propria quota millesimale, altrettanto autorevole letteratura (Ticozzi, De Tilla) pone in dubbio la tesi e non condivide l’orientamento espresso dalle sezioni unite della Cassazione, privilegiando ancora la tesi della solidarietà. Se, infatti, l’articolo 63 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile, da un lato, ha confermato la solidarietà, essendo indicato che il creditore (anche se non immediatamente) può agire comunque verso i condòmini diversi da quello moroso, dall’altro ne ha (unicamente) limitato la facoltà di scelta, posto che esso potrà aggredire il patrimonio dei condòmini in regola con i pagamenti solo dopo l’escussione degli altri.

Si tratta, dunque, di un’ipotesi di obbligazione solidale, in relazione alla quale è prevista la sussidiarietà nell’escussione, senza che vi sia, tra l’una (solidarietà) e l’altra (sussidiarietà) incompatibilità, sulla base dei principi ricavabili dall’articolo 1294 del Codice civile, per effetto dei quali il creditore, seppur limitato nella facoltà di scelta, dovendo seguire un ordine prestabilito, conserva il diritto di richiedere, ove insoddisfatto, l’intero a tutti.

Articoli correlati

Decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese condominiali, quale documentazione è necessaria

Necessario il verbale dell’assemblea che abbia approvato consuntivo, preventivo e riparti.

Ha diritto al rimborso il condomino che sostiene per il condominio spese urgenti

La prova dell’indifferibilità della spesa incombe su chi chiede il rimborso

Nulla la delibera che stabilisce o modifica a maggioranza la ripartizione delle spese comuni

Si tratta di uno dei rari casi in cui è necessaria l’unanimità

Rumori, minacce, animali domestici: quando il vicino diventa uno stalker

La giurisprudenza ha definito che le minacce o molestie, ne bastano due. 

L’assunzione di un lavoratore alle dipendenze del condominio non è atto di straordinaria amministrazione

La vigente disciplina si limita a individuare le ipotesi tassative nelle quali l’assemblea deve deliberare con maggioranza qualificata.

Il danno derivante dall’innalzamento del piano di calpestio del pianerottolo è un illecito permanente

Il Giudice di primo grado che la corte d’appello hanno configurato che tali lavori hanno effetti permanenti.

Verified by MonsterInsights