Canna fumaria condominiale per regolamento: non si può escludere dalla proprietà chi la usa di più

Riguarda la proprietà della canna fumaria e si sofferma sul concetto di bene comune ex articolo 1117 Codice civile la sentenza della Cassazione 20555/2021 depositata il 19 luglio.

La vicenda è relativa alla richiesta, rigettata in primo e secondo grado, arrivata dalla proprietà di un ristorante ad alcuni condòmini e relativa all’accesso alle loro abitazioni per verificare il corretto funzionamento della canna fumaria dello stabile, alla luce del fatto che la società intendeva riprendere l’attività di ristorazione precedentemente interrotta. I condòmini contrari si appellavano al regolamento
originario del 1988 il quale includeva espressamente tra i beni comuni la canna fumaria.

Nel 1991 però quel regolamento era stato modificato all’unanimità, prima dell’acquisto del locale ristorante da parte della società attrice, e la natura condominiale era stata confermata, riservandola «ai soli proprietari degli appartamenti destinati ad uso residenziale, con esclusione dei locali commerciali», dunque a loro avviso con esclusione del ristorante.

Il ricorso alla Suprema corte
Quattro i motivi addotti dalla società proprietaria del ristorante per confutare però la tesi dei condòmini di un bene esclusivamente condominiale. In particolare il quarto è stato accolto dalla Suprema corte che ha ritenuto fondato il ragionamento di parte attrice: il regolamento contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini ma, acclarata la natura condominiale del
bene, non può precludere del tutto l’uso dello stesso ad alcuni. Ciò è ancora più vero in relazione al fatto che la canna fumaria era stata oggettivamente destinata dall’originaria proprietaria dell’immobile all’uso esclusivo del ristorante che si trova nel piano seminterrato e dal quale era sempre stata d’altronde utilizzata.

La canna fumaria non era destinata ad alcun altro servizio rispetto all’edificio condominiale. Richiamando perciò l’articolo 1119 Codice civile, parte attrice ricorda che ai fini della divisibilità delle cose comuni va considerata l’utilità che i singoli condòmini ne traggono. E nel corso del giudizio non era mai stato messo in dubbio che la canna fumaria fosse essenziale per esercitare solo l’attività di ristorazione. Ricorso
dunque accolto con rinvio alla corte d’appello per un riesame.

Articoli correlati

Spetta all’amministratore provare di avere anticipato somme per il condominio

L’amministratore agisce, indiscutibilmente, sulla base di un rapporto di mandato, così come disciplinato dagli articoli 1703 e seguenti del Codice civile. Se è vero che ai sensi…

Trasformare il tetto comune rendendolo una terrazza privata costituisce una innovazione vietata

Il Codice civile consente a tutti i condòmini di fare un uso più intenso della cosa comune rispetto agli altri proprietari. L’articolo 1102 , infatti, specifica che…

Il negozio che non accede al garage non è tenuto a pagare per l’adeguamento antincendio

Il criterio di carattere generale per il quale le spese condominiali per i lavori straordinari su parti comuni vanno ripartite in rapporto alle quote millesimali di proprietà,…

Usucapibile anche la sola cantina pertinenza dell’appartamento di proprietà altrui

Nei condomìni l’acquisto per usucapione non è infrequente. Si realizza come noto per il solo fatto del possesso continuato per 20 anni, senza bisogno dell’intervento del giudice…

Se l’auto parcheggiata di un condomino nel cortile osta l’accesso al box di un altro inquilino è violenza privata

Si tratta di un atteggiamento volto a privare coattivamente la parte offesa della libertà d’azione Commette il reato di violenza privata previsto dall’articolo 610 del Codice penale,…

Non si può usucapire il cortile acquistato con preliminare

Normalmente il contratto definitivo di vendita di un immobile viene preceduto dalla stipula di un contratto preliminare con cui le parti fissano le condizioni dell’accordo ovvero: oggetto…