Il Codice civile consente a tutti i condòmini di fare un uso più intenso della cosa comune rispetto agli altri proprietari.
L’articolo 1102 , infatti, specifica che l’uso dei beni comuni del palazzo non deve essere assolutamente equivalente tra i vari proprietari, e che ognuno possa utilizzare i beni condominiali senza necessità di permessi da parte del condominio, ma a due condizioni:
– in primo luogo l’utilizzatore non deve alterare la destinazione del bene,
– in secondo luogo nessuno può impedire agli altri proprietari di fare anch’essi un uso paritetico.
Laddove l’utilizzo fatto dal condomino violi una delle predette condizioni, allora esso sarà considerato illegittimo e gli altri condòmini avranno il diritto di contestarlo. La sentenza Cassazione sezione II, numero 4709 del 14 febbraio 2022 pare una corretta applicazione dei predetti principi.
La vicenda
Nel caso oggetto della decisione, infatti, una condomina agiva in giudizio contestando i proprietari del piano superiore, i quali avevano effettuato dei lavori edili volti alla trasformazione del tetto condominiale in una terrazza asservita esclusivamente al loro appartamento.
A detta della condomina, tale operazione costituiva una innovazione vietata e – in considerazione di ciò – le opere dovevano essere ridotte in pristino, con risarcimento del danno cagionatole. Secondo i convenuti, invece, la terrazza aveva una funzione di copertura del condomino come il tetto precedentemente esistente e quindi la loro opera rientrava nell’utilizzo più intenso, ma consentito, dei beni comuni condominiali.
L’alterazione della destinazione del bene
Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, accoglievano la domanda dell’attrice e condannavano i convenuti alla rimozione delle opere e al risarcimento della vicina. Alla luce della duplice soccombenza, i condòmini agivano in sede di Cassazione, contestando il ragionamento dei giudici di merito.
Con la predetta decisione, però, la Cassazione confermava di fatto le valutazioni precedentemente svolte. Secondo gli ermellini, infatti, nel caso in questione le opere dei condomini dell’ultimo piano avevano violato l’articolo 1102 del Codice civile sia alterando la destinazione del bene, che impedendo agli altri partecipanti di fare parimenti uso del manufatto secondo il loro diritto.
Le opere dei condòmini convenuti, infatti, avevano occupato tutta la superficie del tetto, rendendo l’area un manufatto privato ed impedendo ai condòmini ogni utilizzazione presente e futura, come l’apposizione di eventuali pannelli solari o antenne.
La Cassazione confermava quindi l’esito dei giudizi di merito, sancendo come le opere poste in essere dai ricorrenti non fossero ascrivibili ad un mero uso più intenso delle cose comuni, ma una vera e propria innovazione vietata e come tale da eliminare, risarcendo i vicini di casa danneggiati.
Il diritto condominiale, come nel presente caso, tutela l’utilizzo più intenso delle cose comuni, ma sanziona la sottrazione dei manufatti condominiali da parte di singoli proprietari che intendono utilizzare in via esclusiva e idiosincratica beni che dovrebbero, per loro natura e funzione, essere liberamente utilizzati da tutti.